#iperchédelteatro – giorni 1/7
Abbiamo chiesto ai nostri allievi che cosa gli manca del fare teatro e cosa li spinge a desiderare di poter ricominciare il prima possibile.
Vorremmo, partendo dal loro punto di vista, spostare lo sguardo da quella che è una esigenza individuale verso quella che vorremmo diventasse una necessità collettiva.
#giorno1
“A me il teatro manca perché è il mio spazio protetto, il mio posto felice. Un luogo dove sperimentarmi e mettere alla prova i miei limiti, ma in piena sicurezza e senza giudizio. Un posto a volte difficile da vivere, scomodo…ma necessario: perché il Teatro ferma la frenesia del mondo e la traduce in una lingua che comprendo. Senza Teatro il mondo per me sarebbe davvero difficile da capire.
Costantemente il teatro mi spezza e mi ricompone in una persona migliore…e mi aiuta a piacermi un pò di più…e questo, ve lo assicuro, è un compito davvero difficile.”
Clara Bonomi – Allieva Laboratorio Permanente Meccaniche Teatrali
#giorno2
“Non posso descrivere a parole la mia passione per il cinema o per il teatro, non ne sono in grado.
Io voglio vivere positivamente questi giorni di assenza dalla scuola, voglio trasformarli in una forma di gratitudine più forte per quando ritorneremo.
E’ una fortuna e un dono essersi incontrati.
Si ripartirà e sarà bellissimo, non c’è altra risposta.”
Giulia Filippini – Allieva III anno del corso di teatro per adulti
#giorno3
“Mi sta mancando tutto sinceramente…dal martedì pomeriggio passato a leggere in sala lettura, all’energia dei miei compagni, alle parole dei mie insegnanti, a una chiacchierata con voi.
Voglio che la normalità torni al più presto perché l’Accademia è un luogo molto importante per me e per tanti altri.
Questa emergenza mi sta facendo capire ancora di più quanto la scuola e il teatro in generale siano elementi fondamentali per la mia felicità, per la mia serenità.”
Francesco Bramè – Allievo III anno del corso di teatro per adulti
#giorno4
“A me il teatro manca per il tesoro umano che nasconde questa attività. Molta gente pensa sia un luogo o una scuola, ma è riduttivo: io ci vedo dei volti, degli sguardi, delle mani, pelle, e voce in movimento.
Mi manca salutare i maestri e i miei compagni, manca il sentire i loro passi sul pavimento nero, le loro parole negli spogliatoi, manca il mettermi in discussione, il rischiare e lo sperimentarmi attraverso gli altri, l’uscire da me stesso e da tutti i limiti fisici e mentali senza pregiudizi.
Manca molto, specie in questo periodo cupo, il gioco, semplice e difficile, che è il nocciolo del teatro, come ricordano gli inglesi che, quando parlano di spettacolo teatrale, dicono theatre play.”
Alessandro Rampini – Allievo III anno del corso di teatro per adulti
#giorno5
“Mi manca il teatro in questi giorni perché nelle ore passate con voi scopro l’esistenza di vibrazioni che nel corso della quotidianità fatico a riconoscere e, quindi, a vivere.
Mi manca il teatro perché quando do voce a un personaggio o quando improvviso mi sento vera e autentica. E questa apparente contraddizione mi fa star bene”
Simona Fontana – Allieva del III anno del corso di teatro per adulti
“Il mondo non è sempre un posto felice e giornate come quelle che stiamo vivendo sembrano imprimerci questa idea nel corpo e nella mente. Dominano la scena, sotto i riflettori, la paura dell’altro, potenzialmente nocivo, la distanza fisica, la reclusione, la diffidenza, la sterilizzazione… in sostanza, l’esasperazione di una solitudine che conosciamo fin troppo bene. Ed è nella mia solitudine che io sogno di tornare presto a teatro, dove i riflettori illuminano corpi che si abbracciano, piedi che scalpitano in gruppo, visi che si emozionano, persone che recitano un copione e sono vere come non mai.
Del teatro mi manca questo, la preziosa possibilità di comunicare e relazionarmi con gli altri con un’autenticità che vorrei tanto fosse meno rara.Quanto sarebbe bello fare tutti insieme una quarantena di teatro!”
Elisa Soldi – Allieva del II anno del corso di teatro per adulti
#giorno7
“A chi in questi mesi mi ha chiesto come mi sia venuto in mente alla soglia dei 34 anni di rimettermi a recitare, vorrei dire che non c’è forse miglior terapia per entrare in contatto con se stessi, anche scoprendo cose scomode, un sacco di limiti razionali. In più, non c’è miglior modo di entrare in contatto con gli altri. Quel parquet è completamente privo di giudizio e trascorrere del tempo con chi non giudica, mai, ma impara a conoscerti attraverso i gesti, il movimento, il silenzio, significa avere la possibilità di creare legami che altrove non esistono, in un lasso di tempo che a te sembra eterno, quando in realtà si tratta solo di pochi mesi.
Si ha la possibilità di contattare se stessi, ed essere onesti. Il non riesco diventa sempre: “trovo un modo, il mio, per…”. E quando riesci a portare la stessa chiave di pensiero anche nella vita, hai vinto un premio tutto tuo da un lato, e condiviso dall’altro.
Mi manca tutto questo, la libertà, il contatto con me stessa e con gli altri, mi manca essere onesta con me stessa, emozionarmi, muovermi nello spazio, ma soprattutto mi manca l’assenza di giudizio che in queste ultime, assurde, settimane è tornato ad essere protagonista in modo preponderante.”
Alessandra Pepe – Allieva del I anno del corso di teatro per adulti